Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Morbi eu nulla vehicula, sagittis tortor id, fermentum nunc. Donec gravida mi a condimentum rutrum. Praesent aliquet pellentesque nisi.

La Vigna del Parroco

LA SUA STORIA

Anticamente nel Monferrato i vigneti erano ricchi di biodiversità, e i vini erano frutto del taglio di molte varietà, anche se ve ne era una prevalente, la Barbera.
Il Ruchè di Castagnole Monferrato è oggi un vino di successo, tutelato dalla DOCG, ma al contrario di altri vini piemontesi la sua storia enologica è piuttosto recente. Le uve di questo vitigno, conosciuto da sempre, venivano consumate come uva da tavola oppure utilizzate nel taglio, per ingentilire i vini grazie al loro aroma delicato e fragrante, o ancora per produrre un vino dolce per il solo consumo familiare.
Lo “scout” del Ruchè, il primo a credere nelle potenzialità di questa uva per la produzione di un vino varietale, secco, in purezza, il primo a vinificarlo e venderlo in bottiglia fu un parroco di campagna. Si chiamava Giacomo Cauda e, molto prima dell’avvento della DOC, quel vino era conosciuto come “Ruchè del Parroco”.

“Che Dio mi perdoni – raccontava Don Giacomo Cauda nei suoi ultimi anni di vita – per aver a volte trascurato il mio ministero per dedicarmi anima e corpo alla vigna. Finivo la Messa, mi cambiavo in fretta e salivo sul trattore. Ma so che Dio mi ha perdonato perché con i soldi guadagnati dal vino ho creato l’oratorio e ristrutturato la canonica”.

a

Don Giacomo, classe 1927, arriva a Castagnole Monferrato come parroco nel 1964. La parrocchia possiede alcune vigne, che versano in stato di abbandono. Don Giacomo è di estrazione contadina e quelle vigne trascurate non le può vedere. Comincia così la sua lunga avventura di prete vignaiolo, che regalerà al suo territorio notorietà e fortuna.

Nato a Cisterna d’Asti, nel Roero, Don Giacomo non conosceva il Ruchè ma viene subito colpito da quell’uva dal sapore gradevole e raffinato, tanto che prova a vinificarla in purezza. Il suo primo esperimento produce la bellezza di 28 bottiglioni! Assaggia il vino, lo fa assaggiare ad altri, ed è preso dall’entusiasmo.

Ristruttura e pianta vigneto, arriva a gestire 12 giornate (la giornata piemontese equivale a poco più di un terzo di un ettaro, 3810 mq), di 8 e mezza di Ruchè (la vigna del Parroco), due di Grignolino, una e mezza di Barbera. Si inventa un’etichetta “Ruchè del Parroco”, con un angelo con le ali aperte. Per anni il Ruchè sarà un vino che si identifica con quel nome e quell’etichetta.

Come capita a tutti gli innovatori, in paese all’inizio c’è chi lo considera un sognatore, se non un mezzo matto, e anche le autorità ecclesiastiche non vedono troppo di buon occhio il suo impegno imprenditoriale e i suoi debiti con le banche.
Ma il tempo dà ragione all’ostinazione di Don Giacomo. Negli anni ’80 il fenomeno Ruchè comincia a prendere consistenza, altri produttori lo hanno piantato, il vino incontra il favore del mercato.

Con il sostegno di persone autorevoli tra cui la maestra Romana Valenzano e la sindaca Lidia Bianco, donna di cultura, poetessa, stimatissima in paese e anche fuori, è venuto il momento di tutelare questa produzione con la denominazione di origine controllata, che in seguito diventerà controllata e garantita.
Nel decennio successivo il fenomeno esplode, e il Ruchè entra a tutti gli effetti nell’olimpo dei vini piemontesi.
Nel 1993 le proprietà fondiarie della parrocchia vengono trasferite all’istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, e quindi alienate. Il Parroco, fedele al dovere dell’obbedienza, tace, ma non è contento. D’altra parte i suoi anni verdi sono finiti da tempo e la vita del vignaiolo di collina comincia ad essere dura per un uomo della sua età. Lo consola il fatto che la proprietà della vigna del Parroco rimane in paese: ad acquistarla è uno dei suoi parrocchiani, Francesco Borgognone.

Il “Ruchè del Parroco” è ormai diventato “Ruchè di Castagnole Monferrato DOCG, Vigna del Parroco”. E varie altre etichette di vignaioli e della cantina cooperativa di Castagnole hanno cominciato a girare per l’Italia e per il mondo. Tutti vini di buona qualità, e questa è stata la fortuna del Ruchè: forse anche per rispetto verso “il parroco” tutti i vignaioli hanno sempre cercato di fare del loro meglio nella produzione di questo vino.

Nel 2016 Borgognone, divenuto anziano egli stesso, vende la vigna con i suoi ceppi ormai vecchi al giovane produttore Luca Ferraris, sempre di Castagnole Monferrato.
La Vigna del Parroco sarà il vino di punta dell’azienda e la bandiera del Ruchè nel mondo, in memoria di un coraggioso e lungimirante prete di campagna, che nella sua modestia amava ripetere: “sono solo un uomo, un povero prete. Il successo che ho avuto non è merito mio, ma di chi, dall’alto, ha ispirato la mia opera. Tante volte ho pensato ‘Chi me lo fa fare?’ Ma, dentro di me, conoscevo la risposta”.

a